È passato quasi inosservato, a maggio, l’anniversario di un tragico evento scolpito indelebilmente nella memoria collettiva della nostra città. Il 12 maggio 1944, ottanta anni fa, Bitonto fu scossa dalla tragica scomparsa di quattordici persone in quella che è ricordata come la “strage della Ioiò”.

Un anniversario caduto quasi in concomitanza con la scomparsa dell’ultimo testimone di quella tragedia, Peppino Calamita, che casualmente, grazie ad un cambiamento di mansione provvidenziale, sopravvisse.

Reduce da un importante convegno sul Novecento in Puglia e fedele alla sua missione volta a preservare la memoria, il Centro Ricerche di Storia e Arte – Bitonto chiede che si mantenga viva la memoria di un evento che ha segnato profondamente la storia cittadina.

Per il sodalizio, infatti, la città di Bitonto dovrebbe preservare e onorare il ricordo delle vittime della “Ioiò” attraverso iniziative e commemorazioni, affinché la memoria di chi perse la vita quel giorno sia mantenuta viva come monito per il futuro, per respingere la follia della guerra. Specialmente in un’epoca in cui quest’ultima torna a farsi minacciosa nella nostra Europa.

«Il Centro Ricerche non si limita a ricordare l’evento in senso memorialistico, ma invita a non dimenticare e, all’occorrenza, a studiare in quanto vicenda con una sua lezione culturale importante per il presente ed il futuro di una comunità – sottolinea il presidente del Centro Ricerche Marino Pagano -. La storia è per noi elemento fondante della cultura civica, mezzo determinante per capire meglio l’identità collettiva e i valori di una comunità».

LA TRAGEDIA

Il 12 maggio 1944, il Mezzogiorno d’Italia, liberato da tedeschi e fascisti, era stato occupato dagli alleati. Bitonto era presidiata da una forte presenza inglese. Mezzi militari alleati, carichi di munizioni ed esplosivi, circolavano quotidianamente. I britannici reclutavano manodopera locale per il trasporto di quei carichi pericolosi. Un lavoro rischioso che, però, veniva accettato dalla popolazione povera per sopravvivere.

Quel giorno, però, una potente esplosione coinvolse la caserma 1010 (dalla cui errata lettura nacque la dicitura “Ioiò”), situata in un casolare sulla via per Santo Spirito, causando la morte di 14 persone, tra cui dodici bitontini e due militari inglesi. Le vittime furono Francesco Calò, Giovanni Carnicella, Michele Carnicella, Carlo Cirone, Vincenzo Cozzella, Giuseppe Guglielmo, Giuseppe Milillo, Giuseppe Naglieri, Gaetano Saracino, Vito Sivo, Michele Sgaramella, Andrea Valentini e i soldati E. Brogan e R. Clow Pioneer.

La lapide in memoria delle vittime è situata presso l’ingresso principale del cimitero cittadino. Sebbene le cause della deflagrazione non siano mai state del tutto chiarite, è indubbio che quelle morti siano vittime della guerra e della miseria che essa provoca, costringendo le persone ad accettare lavori pericolosi pur di sopravvivere.